Successione
Testamentaria

La successione è di tipo testamentario quando il defunto ha lasciato testamento. Ci sono diversi tipi di testamento, ma quelli più utilizzati sono il testamento pubblico e il testamento olografo.

Il testamento pubblico si fa direttamente dal notaio, alla presenza di chi fa testamento (testatore) e di due testimoni. Il notaio conserva nei propri atti il testamento, che viene così messo al riparo da ogni evento naturale o umano.

Il testamento olografo è la scrittura delle volontà testamentarie per mano del testatore. In quest’ultimo caso, affinché il testamento possa essere valido per la Successione Testamentaria, è necessario che non contenga cancellature e che tutte le parole scritte siano chiare e leggibili. Non può essere redatto a macchina o a computer e non può essere scritto da altri, per esempio sotto dettatura. Il documento, inoltre, deve recare la data e la firma per esteso con nome e cognome.

La legge italiana protegge i congiunti più stretti, come il coniuge, limitando la libertà di disporre con il proprio testamento. Nella successione testamentaria, infatti, una parte del patrimonio deve essere riservata ai cosiddetti legittimari, anche se ciò è contrario alla volontà espressa dal testatore.

La quota disponibile o quota di legittima è la parte del patrimonio caduto in successione della quale il testatore può liberamente disporre, senza alcun vincolo. Il Codice Civile stabilisce con precisione quali siano le quote disponibili e le quote non disponibili, ovvero di quali parti un testatore può liberamente disporre con il proprio testamento, e quali parti devono invece essere riservate ai legittimari.

Tali quote variano in funzione del tipo di legittimari e del loro numero.

Hanno diritto alla riserva

  • Il coniuge;
  • I figli (o i loro discendenti, se i figli sono premorti);
  • I genitori (solo in assenza di figli);
  • Ai legittimari spettano di diritto le quote di riserva sulle quali non possono imporsi né oneri, né condizioni di alcuna specie da parte del testatore.

Le quote di legittima per le singole categorie di legittimari

  • Ai figli è riservata la metà del patrimonio del genitore, se questi lascia un solo figlio; due terzi se i figli sono due o più (art. 537 c.c.);
  • Agli ascendenti legittimi è riservato un terzo del patrimonio (art. 538 c.c.);
  • Al coniuge è riservata la metà del patrimonio. Inoltre al coniuge sono sempre riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso dei mobili che la corredano, se la casa era di proprietà della persona defunta o di proprietà comune.

Le quote di riserva nei casi di concorso

  • Coniuge e figli: se con il coniuge concorre un solo figlio legittimo o naturale, la quota di riserva per il figlio è di un terzo. Al coniuge spetta un altro terzo del patrimonio oltre al diritto di abitazione. Se i figli sono due o più, la complessiva quota di riserva è di tre quarti, di cui spettante al coniuge un quarto del patrimonio e un mezzo ai figli, da dividersi in parti uguali tra tutti. Al coniuge spetta inoltre il diritto di abitazione.
  • Coniuge con ascendenti: se con il coniuge concorrono gli ascendenti legittimi, a questi spetta un quarto e al coniuge la metà del patrimonio (art. 544 c.c.). La disponibile è, inoltre, gravata dal diritto di abitazione a favore del coniuge superstite. Se gli ascendenti sono più di uno, la quota a essi riservata è ripartita con le stesse modalità previste per la successione legittima.

Qualora il testamento leda i diritti dei legittimari, produrrà i suoi effetti solo parzialmente; l’art. 554 c.c. stabilisce infatti che le disposizioni eccedenti la quota di cui il defunto poteva disporre sono soggette a riduzione nei limiti della quota.

Somme escluse dalle quote disponibili

Non fanno parte del patrimonio ereditario, e quindi non cadono in successione, il trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato e le assicurazioni sulla vita.

Le indennità di preavviso e di fine rapporto, dovute dal datore di lavoro alla morte del dipendente devono essere corrisposte, ai sensi dell’art. 2122 c.c., al coniuge, ai figli e, qualora vivessero a carico del lavoratore, ai parenti entro il terzo grado e agli affini entro il secondo.

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